Quando esclamiamo “Non sapremmo immaginarci qualcosa di più bello” stiamo testimoniando di provare un’esperienza estetica che rivela una relazione soddisfacente tra realtà e idealità: siamo di fronte a qualcosa di reale (che osserviamo) che non è ideale ma sembra quasi trasportarci in una dimensione ideale (che immaginiamo).
La bellezza come relazione tra realtà e idealità
Simona Chiodo – docente di estetica presso il dipartimento di architettura e studi urbani del Politecnico di Milano – prova a rispondere attraverso le idee di dovere essere e di idealità (fondate dalla filosofia antica), l’idea di razionalità soggettiva (fondata dalla filosofia moderna), l’idea di una bellezza fuori dall’arte e l’idea di una grazia della bellezza eteronoma (regolata da altro da sé), che danno anche la possibilità di ragionare su quesiti importanti del dibattito culturale attuale.
Ma qual è il significato che la bellezza può avere nel nostro presente? E nel futuro?
Le risposte scaturiscono dalla capacità di verificare due ipotesi:
- cosa potremmo scegliere di portare con noi a partire dai significati passati di bellezza? Il concetto di dover essere, quello di idealità o quello di razionalità soggettiva?
- cosa potremmo scegliere di portare con noi da un’elaborazione dei significati passati di bellezza? L’idea di una bellezza fuori dall’arte o l’idea di una grazia della bellezza eteronoma.
La bellezza è inoltre importante perché simbolo della nostra possibilità e speranza di lavorare a una misura umana ideale.
La bellezza non è rivoluzionaria
La cifra dominante e distintiva della bellezza è la continuità tra l’elemento che osserviamo e quello che potremmo immaginare: la bellezza, quindi, non è rivoluzionaria ma è il simbolo di un cambiamento e di uno sviluppo, ovvero di un’evoluzione/assunzione dell’identità di sé.
Leggiamo le 6 conclusioni dell’autrice
- La bellezza ha la capacità di farci provare l’esperienza estetica del riconoscimento della cosa che immaginiamo nella cosa che osserviamo: ci fa riconoscere qualcosa che ha a che fare con la misura umana. Tale relazione tra ideale e reale, significa che la bellezza è fondata su un dualismo.
- L’idealità della bellezza va riconosciuta perché ci preserva dal pericolo di perdere la capacità di riconoscere il potere simbolico della bellezza come strumento di sviluppo della realtà, ma anche dalla perdita della capacità di rispettare la bellezza naturale, artefattuale e umana. Tale rispetto è elaborato attraverso il concetto di “distanza contemplativa“, che significa una sacralizzazione delle cose belle.
- Il concetto di idealità ci ha condotto alla nozione di un limite, che indica un percorso di identificazione che matura nello sviluppo di un’identità.
- Scegliendo di portare con noi il concetto di una razionalità soggettiva – derivante dalla filosofia moderna – si presentano tre conseguenze: la prima è che possiamo argomentare che la variabilità e la soggettività della bellezza è invariabile a sufficienza da avere regole e oggettiva a sufficienza da avere razionalità; la seconda è che la bellezza ha a che fare con l’intersoggettività, ovvero la capacità di giudicare un oggetto che è condivisibile da un punto di vista estetico; la terza è che la bellezza non è riducibile all’esperienza emotiva.
- Sottraendo la bellezza alla sfera dell’arte, riscopriamo uno spazio umano quotidiano e feriale, in grado di condurre ad una possibile relazione tra bellezza e utilità: l’oggetto della nostra osservazione può essere bello se utile a motivo del fatto che la sua operabilità è fondativa rispetto alla sua identità, ovvero con la capacità di essere a misura umana. Ciò consente anche di immaginare una relazione tra superfluità e necessità, affermando che se l’oggetto superfluo riesce ad esplicitare qualcosa di importante sullo statuto identitario di chi lo possiede, allora è esso stesso necessario.
- Ultima è l’idea di una grazia della bellezza eteronoma. Alla domanda “cos’è la bellezza?” rispondiamo che è “la misura umana ideale“, in quanto abbiamo bisogno di saper fare cose belle perché abbiamo bisogno di saper fare cose umane.