Stefano Zecchi, veneziano, 74 anni, scrittore, filosofo, giornalista, già professore ordinario di Estetica presso l’Università degli Studi di Milano, ha istituito la Fondazione Stefano Zecchi – Accademia internazionale di scienze della bellezza.
Un’accademia del bello

A Milano, una vera e propria “accademia del bello” dove fa formazione a 360 gradi sul concetto di bellezza: a partire dalla medicina, passando per l’architettura, fino alla scrittura. “Educare alla bellezza vuol dire costruire un modello di pensiero. Un modello di pensiero sempre propositivo, progettuale, utopico, mai regressivo o distruttivo o, peggio, nichilista“, spiega.
Che cos’è la bellezza? E qual è il suo ruolo nel mondo moderno?
Stefano Zecchi prova a raccontarlo nel libro “Le promesse della bellezza“, esplorando, con linguaggio semplice ed efficace, i principali ambiti in cui generalmente se ne parla: il corpo umano, la natura, l’arte.
È una sorta di viaggio nel tempo, dall’antichità ai giorni nostri, in cui l’autore ci accompagna attraverso le molteplici forme in cui il bello è stato pensato, esaltato, ma anche irriso e dissacrato, in un costante confronto con grandi filosofi, scrittori e artisti, da Platone a Freud, da Shakespeare a Picasso, da Leon Battista Alberti a Frank Lloyd Wright: un viaggio la cui meta è la riscoperta di una bellezza autentica, che ci restituisca la capacità di sognare e di essere veramente uomini, che ci prometta di tornare a immaginare nuovi mondi possibili.
Di quali promesse parla la bellezza?

Non bastano centoquarantaquattro pagine a Stefano Zecchi per provare ad enumerarle.
Dacché esiste il mondo – cioè il pensiero – la bellezza stuzzica le trepidazioni e le attese più palpitanti, giurando di assicurare la felicità e il piacere, la verità e la virtù.
Larmonia con il creato prefigurato nella mente divina e lequilibrio proporzionato dentro lordine di un progetto umano.
La salute: il vigore possente del fisico nella lotta darwiniana per la vita dove la legge del più bello equivale alla legge del più forte. E la salvezza: la grazia dostoevskijana concessa ai morituri nella disperata devastazione del cosmo. Il genio di un artista individuo e lintuizione sovrumana dellidea.
Il bene, la giustizia, la libertà: al limite quella gratuita e capricciosa del fare «licito» del «libito», o quella nuda e splendida del bastare a se stessi senza bisogno di altri (doppi) fini.
Leternità: o il perpetuo (e chirurgico) rinnovarsi della giovinezza.
Luniversalità: o legualitario, democratico (tirannico) accesso per chiunque ai canoni e ai dettami della moda.
Non è finita. Zecchi non ne lascia scappare una e la lista si fa lunga: la seduzione amorosa e lerotico appeal.
Un posto di lavoro che conduca allaffermazione, al capitale, alla ricchezza personale e al successo professionale e sociale.
Il corpo: truccato, imbellettato, inguainato in minigonne e calze a velo o svelato e spogliato di pudori démodé.
Il paesaggio naturale: paradiso perduto o eden ritrovato da ecologisti, salutisti, adepti di diete macrobiotiche.
Le creazioni e le composizioni dell’arte: che, perduta lingenuità, si dannano per la peccaminosa originalità del brutto.
Lintenzione di Zecchi non è però, evidentemente, quella di tagliare il filo, di far cadere il prelibato boccone appeso allesca per sfatare in un colpo solo ogni bella promessa. Della mela messa in palio il professore è invece preoccupato di serbare intatta la fragranza e la freschezza. Di preservarne la polpa dai morsi e dai guasti che minacciano di roderla, di intaccarla e di bacarla per la fame, limpazienza, la smania sventata di acerbi e affrettati raccolti. Di coltivarne loriginaria genuinità, immune da nichilismi, relativismi, e peccati originali.