Parliamo delle imprese culturali e creative, ovvero di enti (società, ma anche associazioni, fondazioni, cooperative, ecc.) che operano in un settore strategico per il nostro Paese.
La legge affonda le radici in ambito europeo, nel “Libro Verde” della Commissione Europea elaborato nell’ambito della strategia “Europa 2020”, che ridefinisce i settori culturali e creativi come “tutti i settori le cui attività si basano su valori culturali e/o espressioni artistiche e altre espressioni creative indipendentemente dal fatto che queste attività siano orientate al mercato, indipendentemente dal tipo di struttura che le realizza, e indipendentemente dalle modalità di finanziamento di tale struttura. Queste attività comprendono lo sviluppo, la creazione, la produzione, la diffusione e la conservazione dei beni e servizi che costituiscono espressioni culturali, artistiche o altre espressioni creative, nonché funzioni correlate quali l’istruzione o la gestione. I settori in questione comprendono, tra l’altro, l’architettura, gli archivi, le biblioteche e i musei, l’artigianato artistico, gli audiovisivi (compresi i film, la televisione, i videogiochi e i contenuti multimediali), il patrimonio culturale materiale e immateriale, il design, i festival, la musica, la letteratura, le arti dello spettacolo, l’editoria, la radio e le arti visive”.
Un elenco presso le strutture ministeriali
A tale riflessione si sono aggiunte negli ultimi anni numerose analisi sull’impatto economico, oltre che sociale e culturale, che il sistema culturale e creativo è in grado di produrre. Il nuovo testo di legge, quindi, stabilisce innanzitutto quali sono i requisiti necessari affinché un’impresa possa essere qualificata come culturale e creativa e possa iscriversi nell’elenco tenuto dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.
Requisiti normativi
- avere per oggetto sociale esclusivo o prevalente l’ideazione la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell’ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all’audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei, nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati. Ai sensi dell’art. 2 del D.lgs. n. 42/2004, il patrimonio culturale italiano è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici;
- avere la sede in Italia, ovvero in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo, purché si abbia una sede produttiva, una unità locale o una filiale in Italia;
- svolgere un’attività stabile e continuativa.
Un primo passo, ma rimane molto da fare
Ovviamente c’è ancora molto da fare, ma l’approvazione di questa legge rappresenterebbe un primo passo per portare alla luce un universo di pratiche ancora poco conosciute e, attraverso il riconoscimento giuridico, disciplinare e dare solidità a un settore così complesso ma con grandi possibilità di sviluppo.
[Commento pubblicato dal Sole24Ore]